06 dicembre 2016

6 Dicembre 2016... sesto giorno di Avvento!


"L'amore arriva sempre al momento sbagliato" è il libro che forse ricordo più facilmente con gli occhi lucidi. Ho pianto... tanto. I due protagonisti mi hanno stregato. Il loro passato, la loro storia... credo che se dovessi scegliere tra tutte le recensioni che ho scritto fino ad ora, quella di questo libro... la inserirei ad occhi chiusi tra quelle che preferisco..  

Ashlyn e Daniel mi hanno lasciato tanto. La loro è una di quelle storie, che consiglierei ad occhi chiusi. Bella, intensa, straziante... per chi dice che il romance è superficiale... non ha letto questo libro. Il loro dolore, il loro non poter essere felici.. il loro trovarsi in un momento così perfetto, ma tremendamente sbagliato... una parola INDIMENTICABILE. ❤



RECENSIONE 


(pericolo spoiler!) 

Prologo

Daniel

Non so cosa dirti, non lo so proprio. In fondo, occuparmi di te porta solo dolore.
Romeo’s Quest
 
Venti mesi prima

Quando parcheggiai la jeep nel vicolo, ero sprofondato in una nube di pensieri tetri e umore nero. Non ero mai stato in quella zona della città; anzi, a malapena ne conoscevo l’esistenza. Il cielo era color della pece e il freddo degli ultimi giorni d’inverno non faceva che esasperare la mia irritazione. Posai gli occhi sul cruscotto dell’auto. Le cinque e mezzo del mattino. Mi ero ripromesso di non rivederlo mai più. Il suo comportamento aveva aperto una voragine tra noi, spazzando via tutto ciò che eravamo stati. Eppure, in cuor mio sapevo che non avrei mantenuto la promessa: non ce l’avrei fatta a stargli lontano. In fin dei conti era mio fratello e anche quando andava fuori di testa – il che purtroppo accadeva spesso – rimaneva comunque mio fratello. Dopo quindici minuti di attesa, Jace spuntò dal vicolo. Zoppicava e si teneva il fianco. Mi raddrizzai sul sedile, e inostri sguardi si incrociarono. «Maledizione, Jace», borbottai, mentre schizzavo fuori dall’auto e sbattevo lo sportello. Mi avvicinai alla luce di un lampione, in modo da potergli guardare il viso. Aveva l’occhio sinistro tumefatto e semichiuso, il labbro inferiore spaccato. La maglietta bianca era macchiata di sangue. «Cosa diavolo hai combinato?»
(….)

Le stavo mentendo, e mentivo anche a me stesso: non ce l’avrebbe fatta, lo sapevo. Una vocina dentro di me mi sussurrava che era troppo tardi: la mamma non aveva speranze. Eppure non riuscivo a smettere di ripeterlo, né di pensarlo. E non riuscivo a smettere di piangere.
Te la caverai.

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