03 dicembre 2017

3 Dicembre: I cento colori del blu



Buona domenica Readers!

Si, è vero. Ho scelto nuovamente un libro che ho letto insieme a Sara, ma non potevo non inserire "I cento colori del blu" nel mio calendario dell'avvento! 

Anche se lo avevo già letto, lo considero lo stesso una lettura del 2017. Amy Harmon è una delle mie autrici preferite e devo dire che questo libro è semplicemente fantastico. 

Per la recensione andate QUI. Mentre per il prologo continuate a leggere sotto ;) 


PROLOGO 

Agosto 1993

La bimba era sdraiata sul sedile posteriore, nel caldo soffocante della macchina. Aveva il viso arrossato, la coperta su cui era distesa si era spostata e il viso era premuto sulla plastica del sedile. Ma lei non sembrava accorgersene e continuava a dormire. Era forte, nonostante fosse così piccola. Non piangeva quasi mai, né si lamentava. Sua madre aveva tenuto i finestrini abbassati per tutto il viaggio, ma non era servito a molto. Perlomeno adesso il sole era tramontato e non batteva più. Era scesa la sera, che aveva portato un po’ di sollievo, nonostante fuori ci fossero ancora quasi quaranta gradi; e poi nell’oscurità nessuno le avrebbe notate. L’aria condizionata aveva funzionato finché l’auto era in movimento, ma da due ore erano ferme nel buio a guardare il pick-up, aspettando quell’uomo.
La donna al volante si mangiucchiò le unghie, chiedendosi se non fosse il caso di lasciar perdere. Cosa gli avrebbe detto? Tuttavia aveva bisogno d’aiuto. Il denaro che aveva preso a sua madre non era durato molto. I genitori di Ethan le avevano dato duemila dollari, ma tra benzina, motel e cibo erano finiti prima di quanto si fosse aspettata. Così, durante il viaggio si era ritrovata a fare cose di cui non era per niente fiera, anche se continuava a dirsi che non aveva avuto scelta. Ormai aveva una figlia: doveva prendersi cura di lei, anche se questo significava fare sesso in cambio di denaro o favori. O di droga, suggerì una vocina nella sua testa. Scacciò quel pensiero. Sapeva che non avrebbe resistito ancora a lungo, aveva bisogno di un’altra dose.
Ecco a che punto era arrivata. Le sembrava impossibile essere finita lì, a poca distanza da casa. Qualche ora di viaggio, niente di più. Aveva attraversato metà Stato e poi era tornata indietro senza aver risolto nulla.
All’improvviso vide l’uomo che tornava verso il pick-up. Tirò fuori le chiavi da una tasca e cercò di aprire la portiera del passeggero. Gli corse incontro un cane sporco, grigio e nero, che era rimasto a dormire sotto il rimorchio, aspettando il suo ritorno. Cominciò a girargli intorno alle gambe mentre lui strattonava la maniglia. Lo sentì imprecare sottovoce.
«Maledetta maniglia. Devo farla sostituire».
Alla fine riuscì ad aprire e il cane balzò subito sul sedile. L’uomo richiuse e controllò di nuovo la maniglia. Non si accorse che lei lo stava guardando. Fece il giro passando davanti al pick-up, si mise al volante e uscì dal parcheggio che aveva occupato per qualche ora. Mentre avanzava, per un attimo posò lo sguardo su di lei, ma senza indugiare, senza esitazioni. D’altra parte cosa ci si poteva aspettare? Non la degnò neppure di una seconda occhiata. Niente ripensamenti. Sentì la collera montarle dentro. Era stanca di sembrare trasparente, di essere incrociata solo per caso, ignorata, respinta.
Mise in moto e lo seguì, tenendosi a una distanza sufficiente per non destare sospetti. Ma perché poi avrebbe dovuto insospettirsi? Non sapeva nemmeno che lei esisteva. E questo la rendeva invisibile, giusto? Eppure era pronta a seguirlo anche tutta la notte, se necessario.
* * *

Un bacio, 
Angela 

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